Per un breve attimo intenso- prima di rimetterlo nell’esatto punto al di sotto di quel materassino rivoltato e sprimacciato forse per la prima volta – si mise a osservarlo con attenzione, come soppesandolo: guardandolo bene ci si accorgeva che era uno strumento usabile da ambedue i lati della lama, sembrava una lama a doppio taglio, per un istante le vennero alla mente quei coltellini retraibili pronti all’uso che tengono poco spazio e che possono trarre da impacci nella vita in campagna – uno strano oggetto che forse doveva trovare un posto nella casisitica di entità ambigue e multiuso- come certi robot da cucina tuttofare che andavano per la maggiore, si disse incongruamente- uno strumento ascrivibile al pressocchè smisurato panorama di quelle strutture che spesso si presentavano al suo occhio con una forma sfuggente e malefica da giano-bifronte.
Lo spessore della lama non era sottile nel suo complesso, dava un’idea di consistenza opaca ma si andava però come assottigliando sempre più verso il bordo destro rispetto a quella sua impugnatura sporgente e breve, praticamente la parte destra era una filettatura unica, un qualcosa di acuminato e teso che mandava bagliori,mentre l’estremo bordo sulla sinistra era contornato per l’intera sua superfice verticale- fino all’intersecazione con l’impugnatura stessa- da seghettature arcuate e spesse che certo tagliavano ma con altre modalità e in altre occasioni, quelle porzioni sporgenti non dovevano limitarsi a tagliare, scorticavano forse:il taglio usando quella parte di lama non doveva essere un taglio netto, certo le sue erano illazioni, e tutto quello che stava pensando non era veritiero. Nella parte più rientrante e di maggiore spessore sembrava di toccare una superficie oleosa,unta da un che di appicicaticcio e indefinibile,il pugnale pareva bagnato, rilucidato di recente con un apparecchio smerigliatore, sembrava uscito dall’armaiolo da pochissimo, ancora mai usato, o forse ripulito con estrema accuratezza dopo averne saggiato il filo della lama su qualcosa- le pareva addirittura che proprio di fronte all’entrata di quella abitazione- in uno slargo non troppo esteso che confinava con un giardinetto sguadrato e recintato al limitare di uno spiazzo ghiaiato più ampio e direttamente confinante con l’asfalto della strada provinciale che in quel punto curvava- ci fosse un armamentario a mola e con pedali di legno putrescente che a lei aveva fatto pensare a un macchinario da arrotino ormai in disuso. Magari – si disse tra sè le donna-quel pugnale era stato provato già una prima volta, forse su un animaletto selvatico giunto fin lì – in prossimità di quel gruppo raccolto di case di frazione- dopo avere tentato la fuga attraverso certi vasti appezzamenti non più coltivati,e che intervallavano le propaggini e le porzioni sempre più estese di boschi inselvatichiti e aperti pressocchè tutti i giorni alle battute di caccia di squadre venatorie in tute finto-mimetiche, da rambo militarizzati.
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