Malata di morva
la lunga convulsione sente,
quel biancore ardente di gelo:
fermato il deflusso del sangue
come da una arteria aperta
risulta inerzia agli apicali
-e con crepitazioni,
i piccoli fuochi mai spenti…
Dileguava ora quel pallore,
nel canto dell’ultimo uccello azzurro,
nel mutilato tempo;
e il cielo era ormai vuoto di colori,
non rimaneva che l’eco della verde radiosità,
laggiù oltre i monti-
fino tra i disfatti
[…Oh, ma le acque nel bosco erano nere
terribilmente nere..
così silenziose… terribilmente silenziose…
Le nostre ossa si sciolgono-
– in tutto questo urlio-
e c’è l’occhio violaceo dell’animale
(quello di tutti li curvati)
il taglio bianco della pelle
– quei fasci denudati dei lunghi muscoli
e a scorticare.]
Filed under: poesia, poesie, varie, Villa-Dominica-Balbinot | Tagged: poesia, poesie, Villa-Dominica-Balbinot |
Visionaria e con un dettato coinvolgente, specie nel corsivo finale.
non posso che ringraziarti, gentile Fiorella, per il tuo bel commento( anche acuto…)
ciao, un saluto a te