RECENSIONE di DORIS EMILIA BRAGAGNINI su neobar


Poesia “estrema, apocalittica, mistica, numinosa, oscura, divinatoria, seducente, sconcertante, impervia, trascendente, vertiginosa… “ solo alcuni degli aggettivi attribuiti, da accreditati estimatori, alla fervida espressività dei versi di Villa Dominica Balbinot.

In più occasioni maggiormente comparata con Lautréamont, Baudelaire, Mallarmé, la poesia di Villa Dominica Balbinot è territorio da cui difficilmente si esce senza ferirsi, senza essere rimasti in qualche modo sconcertati o affascinati. E’ qualcosa che sfiora corde profonde, che attraversa, o che più precisamente ci proietta in un attraversamento sapientemente modellato al fine di “sospenderci” in un luogo dove l’io poetico, è quel granello fermo al limite centrale della strettoia interconnessa tra i bulbi di una simbolica clessidra. Limite, punto di contrappasso,demarcazione tra gli estremi vita/morte e morte/vita in un capovolgimento così serrato da lasciare quel granello nell’impossibilità di “scegliere“ da quale parte cadere così da eternarsi. L’autrice con maestria crea la vertigine, crea la suggestione, crea il rito, sublimina la chirurgica dissezione degli elementi, stratifica le luci, le cesella, sbalza i dettagli con ferali accostamenti, elettrizza ogni anfratto d’ispirato virtuosismo incedendo nel lessico colto, ricercato e desueto.
Nella sua mirabile rappresentazione presta anche coscientemente e onestamente il fianco a speculazioni semplici, imputazioni come quelle atte a sortire un effetto shock sul lettore, oppure alla rincorsa estetica di una cupa metamorfosi sulfurea per esiti sbalorditivi. Sarebbe un errore quello di non riconoscere, lasciarsi sfuggire piuttosto, il potente inno alla vita che la poetessa innalza con i suoi testi rendendoli “agenti”, non contemplazione fine a se stessa. Mediante accostamenti immaginativi capaci d’infinita gamma di tonalità, osa espugnare una zona che implicitamente contiene in sé ferrei sigilli: accompagna fino allo spasmo più dolce, straziante e pervasivo, il “materiale umano” giunto all’attimo precedente la trasfigurazione suprema. E’ lì che l’esistere, come non mai le appare in tutto il suo immenso cruento splendore, mentre si sta spegnendo. Villa Dominica Balbinot ferma quell’attimo, quel granello, quella separazione, congela il fulgore di una bellezza raggiunta all’estremo, ce la dona.

DORIS EMILIA BRAGAGNINI

L’articolo è stato pubblicato – con una scelta di poesie- sul sito di NEOBAR

ecco il link:

http://neobar.net/2017/03/04/quel-luogo-delle-sabbie-di-villa-dominica-balbinot-nota-di-lettura-doris-emilia-bragagnini/#comment-8429

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